A cavallo tra due continenti, Fabio Triolo, dopo tanti incarichi prestigiosi anche nel suo Paese, oggi dirige l'NTC dell'Uthealth a Houston
Un americano a Palermo o un palermitano negli States? Difficile incasellare Fabio Triolo per via di entrambi i luoghi, porta con sé tratti caratteriali, ambizioni, aspirazioni e visioni. A cavallo di due continenti, il cinquantaquattrenne biologo ha trascorso tutta la sua vita seguendo la via del cuore, la passione per la ricerca e l'esigenza vitale di tenere sempre la schiena dritta. Oggi Triolo è uno dei massimi esperti mondiali nello sviluppo di terapie a base di cellule staminali e dirige l'Unità di Terapia Cellulare di UTHealth a Houston, uno dei centri più avanzati del pianeta. Ma sangue orgogliosamente siciliano scorre nel suo sangue perché è lì che tutto è iniziato.
“Il mio primo viaggio negli USA è stato nel 1972, avevo 5 anni – racconta Triolo – io e mia madre stavamo raggiungendo mio padre, fisico e chimico all'inizio della sua carriera di ricercatore, che era andato a lavorare per un periodo nel Oak Ridge National Laboratory in Tennessee. Papà avrebbe dovuto restare negli States per 3 mesi, poi di fatto è rimasto lì, a fasi alterne, per 40 anni”. Triolo ha vissuto stabilmente negli Stati Uniti fino al 1982, mutuando usi e costumi tipicamente a stelle e strisce come la passione per il calcio e il baseball. Ma le radici erano saldamente siciliane, perché i genitori non avevano voluto tagliare i legami con la loro terra d'origine. Ogni anno sua madre preparava privatamente Fabio per portarlo agli esami e iscriverlo alla classe corrispondente in Italia. Poi, poco dopo l'inizio del liceo, il trasferimento in Italia, la frequenza ai Gonzaga, dove conosce amici che sono rimasti tali per tutta la vita.
"Avevo nostalgia degli Stati Uniti - racconta Triolo - Volevo concludere la mia carriera iniziata nel football americano, anche se ero più propenso al baseball, tanto che sono stato convocato per la nazionale italiana under 21. In Alla fine sono tornato in America, ho conseguito il diploma di maturità scientifica e sono tornato in Italia per sostenere gli esami per il quinto anno come libera professionista Chi immaginava che l'anno della maturità in Sicilia sarebbe stato cruciale per me da quando ho conosciuto Tiziana , l'amore della mia vita?" Con Tiziana, palermitana, occhi color del cielo, acciaio fuso nascosto in un fiore delicato, è amore a prima vista "che dura ancora per me ed è forte come il primo giorno" afferma concitato Triolo, che rimane a Palermo per la donna del suo destino dove si è laureato in Biologia e poi ha conseguito negli States master e dottorati di livello internazionale, come quelli della Mount Sinai School of Medicine di New York, eccellenza mondiale nel campo della educazione biomedica. Intanto i due si sposano, nascono due figli e insieme affrontano le difficoltà di convivere con un oceano e numerose ore di fuso orario a dividerli.
Triolo, infatti, dopo varie esperienze professionali, arriva in un laboratorio di New York dove scopre la sua passione per la biologia cellulare. Questo apre la possibilità di realizzare quello che un tempo era stato il suo sogno, ovvero lavorare con un premio Nobel, Günter Blobel, il biologo tedesco naturalizzato negli Stati Uniti, la cui Fondazione svedese ha conferito l'onorificenza nel 1999. "Ma che la distanza da i miei cari erano troppo grandi - continua Triolo - Io e Tiziana ci vedevamo ogni due anni, lei ci sosteneva economicamente lavorando nella Regione Siciliana, io continuavo la mia ricerca a un livello sempre più alto ma avevo bisogno di riprendere possesso della mia famiglia. Prima di trasferirmi in Sicilia, ho provato ad entrare all'Università, non avevo ancora compreso appieno che purtroppo c'erano altre dinamiche e che in campo accademico, nonostante la disparità di titoli, c'era sempre qualcun altro, scelto e predestinato a quella posizione. Ma l'ho toccato in prima persona quando, poco prima di partire, con i contenitori pieni del mio trasloco, ho ricevuto la notizia che era uscita la graduatoria per un posto da ricercatore e che era stata assegnata ad un addetto del barone di turno».
A Triolo gli crolla il mondo addosso e mentre è ancora negli Stati Uniti legge la notizia della nascita di Ismett a Palermo. Il biologo scrive all'allora manager Ignazio Marino, il quale risponde annunciando che al suo ritorno nell'isola si sarebbero incontrati per un colloquio di lavoro. Accade così e questi incontri vanno avanti per mesi fino all'estate del 2003 quando, dopo aver parlato con il responsabile di Upmc Italia, Michael Cstelloe, Triolo viene cooptato per allestire un laboratorio di produzione di celle, conforme alle norme europee di buona produzione. fu costruita la struttura ed oggi è rimasta unica nel panorama italiano perché non esiste un corrispettivo a sud di Roma. Triolo diventa direttore ma non è un lavoro destinato a durare a lungo perché nel 2010 il meccanismo si inceppa, le condizioni non sono più facili per portare avanti le ricerche, il biologo si propone di dirigere la Banca del cordone ombelicale di Sciacca ma lui rifiuta. Lascia Ismett, rinunciando alla sicurezza economica e ad un incarico di prestigio, lo segue nella sua scelta la moglie Tiziana, che si dimette dall'amministrazione regionale per accompagnare il marito in questa nuova avventura. Il ritorno negli Usa è quasi d'obbligo anche perché, mentre in Italia Triolo non riceve lo spazio che merita, la comunità scientifica internazionale lo considera uno dei massimi esperti nella produzione di cellule staminali per applicazioni cliniche della medicina rigenerativa.
Una sera, mentre sfoglia la rivista "Nature", vede un annuncio dell'University of Texas Health Science Center (UTHealth) di Houston. Stanno cercando una figura che corrisponda esattamente alla sua. Risponde, si propone e da lì inizia una seconda vita perché viene scelto per dirigere l'Unità di Terapia Cellulare presso il Texas Medical Center, il più grande centro medico del pianeta. Oggi, grazie a lui, UTHealth vanta uno dei programmi di bioproduzione più avanzati al mondo, Triolo nel 2017 insieme al medico e professore palermitano Saverio La Francesca, ha creato il primo esofago bioartificiale mai impiantato nell'uomo. E nel 2016, insieme a un piccolo gruppo di 14 scienziati e medici italiani, ha incontrato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per aggiornarlo sulle attività di ricerca che coinvolgono connazionali in Texas. «Mi sono scontrato in Sicilia - commenta amaramente - con un sistema che guarda poco al merito e molto alle cose o agli ordini di squadra. Ho dovuto rassegnarmi al fatto che non potevo svolgere la mia ricerca come sarebbe stato normale e non certo per mancanza di conoscenze o possibilità, ma per logica politica e baronale. Oggi in Texas ho trovato una dimensione gratificante e stimolante per uno scienziato che viene sostenuto se dimostra il suo valore e le sue capacità. L'America non è un paese perfetto, ma qui i sogni possono diventare realtà. Basta volerlo".
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